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Sui collegamenti internazionali di Hamas

Mentre le pagine dei giornali sono piene di notizie su quello che succede giorno per giorno in Medio Oriente e sulle iniziative della diplomazia internazionale, sono molto scarne le analisi sull’attacco di sabato, sugli obiettivi che esso si proponeva e soprattutto sui Paesi che abbiano concorso alla sua preparazione e alla sua esecuzione. È comprensibile che Israele e i governi occidentali preferiscano evitare di far circolare quelle che evidentemente non sono certezze ma solo sospetti e indizi raccolti dai servizi segreti sul sostegno internazionale di cui ha goduto Hamas. Ma per comprendere la situazione è su questi aspetti che bisogna concentrare l’attenzione, come abbiamo fatto fin dal nostro primo commento di lunedì.

In quell’articolo avevamo svolto due considerazioni basate su una riflessione politica. Avevamo scritto che non ci convinceva la tesi che molti commentatori avevano avanzato e cioè che l’attacco di Hamas fosse stato ispirato e sostanzialmente guidato dall’Iran e avevamo argomentato che il solo Paese che aveva interesse a provocare il caos in Medio Oriente con un attacco condotto con le modalità che abbiamo visto era la Russia. La lettura dei giornali di oggi fa emergere alcuni elementi che sembrano rafforzare il nostro punto di vista.

Circa il coinvolgimento dell’Iran, si riferisce di un discorso dell’Ayatollah Khamenei in cui questi avrebbe negato decisamente che il suo Paese “abbia avuto un ruolo diretto nelle stragi del 7 ottobre.” Questo in sé non direbbe molto, ma Repubblica aggiunge che “gli stessi israeliani escludono una partecipazione diretta di Teheran nella pianificazione della strage.” Ma c’è di più: secondo il New York Times, l’intelligence americana avrebbe captato “messaggi in cui la leadership iraniana ha manifestato sorpresa per l’assalto.” Naturalmente, precisa il giornale, non si sa se i messaggi siano autentici o se, immaginando che essi possano essere captati, siano stati concepiti per allontanare i sospetti di un coinvolgimento diretto dell’Iran. Noi avevamo scritto che il rapporto più stretto dell’Iran è con Hezbollah e non con Hamas e che ci sembrava che la situazione a nord di Israele fosse abbastanza sotto controllo, come è confermato almeno fino ad oggi. L’Iran sa che una larga parte del mondo arabo, e in particolare l’Arabia Saudita, considererebbe con favore uno scontro militare aperto fra Israele e l’Iran e si rende conto che un attacco come quello subito da Israele, se emergesse che è stato ispirato e guidato da Teheran, giustificherebbe una guerra. L’interesse dell’Iran è di avere tempo per rafforzarsi e forse per poter costruire un’arma nucleare per neutralizzare la minaccia di Israele di fare uso delle proprie armi nucleari. Può avere ed ha interesse che Israele non viva in tranquillità, ma, secondo noi, non aveva interesse a provocare quello che oggi sta succedendo.

La Russia invece ha esattamente bisogno di quello che sta avvenendo. In una corrispondenza di Repubblica da Bruxelles si legge che nella riunione dei ministri della Difesa della NATO di ieri è circolato “anche il sospetto che ci possa essere stato un coinvolgimento dei combattenti del gruppo un tempo guidato da Yevgeny Prigozhin”, cioè della Wagner che è ora tornata pienamente nelle mani del ministero della Difesa russo. Si sarebbe parlato di riunioni con la presenza dei mercenari russi “che sarebbero serviti a organizzare proprio l’attacco di Hamas.” L’articolo prosegue osservando che “l’interesse di Putin del resto è chiaro: distogliere dall’Ucraina attenzione e risorse.”

Nei giorni scorsi era stato Bernard-Henry Lévy a chiamare esplicitamente in causa la Russia, il coinvolgimento della quale ci sembra sia trattato con singolare cautela da gran parte dei commentatori. Noi ripetiamo la nostra analisi: caduta l’illusione iniziale di Putin di far crollare in pochi giorni il regime di Kiev, costretto a una lunga e logorante guerra, sottoposto a sanzioni economiche che, per quanto lasche, colpiscono le condizioni di vita della Russia, Putin non ha altra possibilità che distogliere non solo l’attenzione, ma anche le risorse economiche e militari dell’Occidente dall’Ucraina. Se scoppiasse un vero conflitto militare in Medio Oriente fra Israele e i suoi vicini e in particolare con l’Iran, Kiev diverrebbe secondaria in Occidente e si alleggerirebbe la situazione militare russa su quel fronte.


Giorgio La Malfa


12 ottobre 2023

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