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Tattica e strategia

Nel nostro editoriale di ieri ci interrogavamo su quale fosse il senso della riunione del leaders dei partiti di maggioranza (per la prima volta c’era anche Renzi) con il presidente del Consiglio, visto che non sussisteva alcuna condizione per un rilancio dell’azione di governo. Per due motivi.

Innanzitutto perché il rappresentante dei Cinquestelle al meeting è destinato ad essere sostituito a breve. Ed infatti il vertice si è concluso con l’intesa di farne un altro tra un mese dopo la conclusione degli Stati generali del movimento.

In secondo luogo perché la “verifica”, da tempo richiesta dal Pd e da Renzi, si è svolta solo quando il presidente del Consiglio è stato certo che da essa non sarebbe scaturita alcuna novità. Chi, infatti, se la sarebbe sentita di disturbare il manovratore proprio nel bel mezzo della nuova ondata dell’epidemia?

Nel leggere sui i giornali di oggi i retroscena, risulta che il meeting ha prodotto soltanto la conferma (di cui parliamo da un mese circa) dell’orizzonte politico che maggioranza e governo si sono dati: conclusione della legislatura verso la sua fine naturale nel 2023; contrasto drastico dell’epidemia al fine di garantire feste natalizie non solo il più possibile serene, ma anche come momento di transitoria riapertura ai consumi (come a ferragosto, insomma); contrasto dell’epidemia attraverso strumenti e procedure che coinvolgono livelli di governo in cui non si debba votare nell’immediato futuro; chiusura sostanziale ad ogni compartecipazione esterna alle scelte ed anzi approfondimento del solco con le opposizioni attraverso lo scontro tra governo e Regioni, due terzi delle quali sono in mano al centro destra.

Sintesi di questa tattica, su cui si è ritrovata l’intera maggioranza, è rappresentata dall’unica proposta scaturita dal vertice e cioè l’apertura di un cantiere per la riforma del titolo V della Costituzione. Una riforma che non solo riprende la proposta del governo Renzi ma trova il consenso sia dei Cinquestelle (mai premiati in sede locale), sia della segreteria del Pd nella misura in cui tarpa le ali a governatori del partito che recentemente si sono sbracciati un po’ troppo. Una riforma, infine, che non può non trovare il favore di un’opinione pubblica preoccupata dall’epidemia ma fortemente disorientata nel vederla gestita dalle Regioni e cioè da venti sistemi sanitari diversi.

Il Commento Politico sa che la politica comporta necessariamente delle mediazioni e non ne fa certo materia di scandalo. Però le mediazioni e le tattiche non possono essere fine a sé stesse. Vi deve essere una strategia politica, un obiettivo o degli obiettivi sostanziali.

Fin qui maggioranza e governo hanno avuto buon gioco nel contrastare la crisi sanitaria con i decreti ristoro e con gli scaricabarile istituzionali a geometria variabile, cioè con strumenti diversi a seconda delle scadenze elettorali in vista.

Resta però un fatto. Il Paese, già oberato da un terribile debito pubblico è oggi gravato da altre decine di miliardi di debiti ed è a un bivio non eludibile. O le risorse che l’Europa ci metterà a disposizione – anch’esse in gran parte da rimborsare - saranno ben utilizzate e faranno ripartire stabilmente l’economia, rendendo con ciò quel debito non solo sostenibile ma anche man mano riducibile, o ci sarà il default.

È indispensabile che i prossimi vertici di maggioranza siano convocati a questo fine. Il Paese giudicherà se la maggioranza avrà dispiegato la propria compattezza solo per rimanere nell’autoreferenzialità o se invece sarà in grado di esprimere un governo, l’attuale o un altro, che abbia la forza per rilanciare lo sviluppo.

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