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Un passetto alla volta

Dal lungo articolo di Francesco Drago e Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera di stamani, intitolato “Il buon uso dei fondi per il sud”, traiamo due citazioni. La prima riguarda l’esperienza della Cassa per il Mezzogiorno fra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta. Il giudizio sulle prime iniziative della Cassa è largamente positivo: “La gestione fu efficace e riscosse il consenso e il supporto di istituzioni internazionali come la Banca mondiale.” Invece, “quando – a metà degli anni Sessanta – la Cassa passò da una gestione centralizzata a una decentralizzata, essa divenne sempre più soggetta a pressioni e influenze della politica nazionale e locale.” E ovviamente l’efficacia della sua azione venne largamente meno.

La seconda citazione riguarda ciò che bisognerebbe fare oggi con i soldi europei, arriva alla fine dell'articolo dopo due colonne di considerazioni generali, e non si saprebbe come dissentire: “Il messaggio è quindi: non polverizzare gli interventi per accontentare tutti, ma puntare su pochi grandi progetti con un ‘big push’ guidato dal centro.”

Ecco dunque la ricetta: pochi grandi progetti guidati di un unico centro propulsore. Cioè sostanzialmente rifare la Cassa del Mezzogiorno prima maniera.

I lettori del Commento Politico non avranno difficoltà a riconoscere nella conclusione dei due articolisti la proposta che abbiamo ripetutamente illustrato su queste pagine. Con la differenza che noi abbiamo anche precisato come dovrebbe essere organizzato questo centro, quali regole per la scelta dei progetti dovrebbe adottare, che tipo di personale dovrebbe essere posto al suo vertice e quale rapporto esso dovrebbe avere con il Parlamento. Tutte cose che un governo impegnato ad affrontare seriamente i problemi del Paese ed a utilizzare al meglio i fondi europei avrebbe già dovuto definire da tempo e per tempo. Se il governo ha potuto finora fare solo discorsi generici è anche perché il dibattito sui mezzi di comunicazione ha fin qui eluso il tema principale, che è quello delle procedure.

Anche l'articolo della Reichlin e di Drago si presta a questa doppia lettura: per chi vuole mantenere la confusione ci sono i propositi generici; per chi pensa a come organizzare le cose, vi è il riferimento alla esperienza della Cassa negli anni Cinquanta.

Meglio che niente.


P.S. In un'intervista di Stefania Radoccia, manager di Ey sul settimanale economico di Repubblica, dopo una serie di indicazioni sui settori in cui l'Italia dovrebbe concentrare gli utilizzi dei fondi europei in risposta all'ultima domanda si legge: "Serve una regia centrale" analogamente a quello che ha fatto la Francia ricreando il Commissariato del Piano. Una conclusione sacrosanta. Forse doveva essere la risposta ad una prima domanda.

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