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È la democrazia, bellezza!

È difficile non essere d’accordo con gli editoriali di oggi di Massimo Franco, di Stefano Folli e di Antonio Polito, che tutti, pur con accenti diversi, mettono in luce le difficoltà in cui si dibattono le forze politiche e la conseguente progressiva paralisi dell’azione di governo.

C’è, tuttavia, una considerazione di fondo altrettanto difficile da bypassare: a differenza degli altri maggiori Paesi europei, come la Francia e la Germania, l’Italia si trova ad affrontare la più grave crisi della storia repubblicana, con un Parlamento e un esecutivo frutto di scelte degli elettori più orientate alla protesta che al governo del Paese.

È questa la ragione vera che toglie alla politica il vigore necessario ad operare le scelte coraggiose che la situazione economica imporrebbe in tempi brevi e che tutti gli osservatori considerano giustamente indispensabili.

Il Commento Politico è stato facile profeta nel prevedere che il tempo di quelle scelte non sarebbe arrivato se non dopo le elezioni regionali di fine settembre.

Fino ad allora il governo non potrà che provare a chiudere le più urgenti questioni aperte: è auspicabile che lo faccia al meglio, ma è molto probabile che le divisioni tra i partiti che costituiscono la maggioranza e le tensioni esistenti all’interno di essi realizzino una progressiva debolezza dell’esecutivo, rendendo inevitabile una chiusura al ribasso di tutti i dossier. A cominciare dal più importante, cioè la definizione della quantità di risorse che l’Europa ci metterà a disposizione e i tempi di erogazione di esse.

Le elezioni di settembre, però, non sono solo il dies a quo da cui dovrebbe ripartire l’azione di governo. Esse, per il loro rilievo politico, sono anche l’occasione in cui gli elettori potrebbero in parte correggere le scelte fatte due anni fa. Le forze politiche sono profondamente consapevoli di ciò e si stanno posizionando in modo differenziato davanti all’opinione pubblica.

La Lega ha scelto una piattaforma politica per così dire “nazionale”, anteponendo l’attacco al governo alla dimensione locale delle elezioni. Ciò spiega la posizione di Salvini, che nella lettera di oggi al Corriere della Sera ribadisce la sua contrarietà ad uno strumento come il Mes la cui utilizzazione trova, invece, il consenso di tutti i governatori del centro destra.

Il Pd ha sposato un’impostazione esattamente opposta: la lettera di Zingaretti di ieri, allo stesso Corriere della sera, sull’urgenza del Mes si inserisce pienamente nel percorso “regionalistico” iniziato con il successo di gennaio in Emilia Romagna. Il Mes consiste in fondi europei destinati alla sanità, un territorio di competenza regionale e strategico in tempi di epidemia. Zingaretti punta a mettere in contrasto Salvini e i suoi governatori ed elettori.

I Cinquestelle, già tradizionalmente poco convincenti nelle elezioni locali, sperano sventolando i loro vessilli tradizionali – L’ Europa nuovamente matrigna nella concessione di prestiti e la lotta alla casta sul problema dei vitalizi – di limitare al massimo l’ulteriore, prevedibile perdita di consensi.

Fratelli d’Italia confida in un successo in Puglia, dove le chance di Fitto sono molto aumentate anche per le divisioni emerse tra i partiti della maggioranza. Una vittoria in Puglia consentirebbe a Giorgia Meloni di arginare definitivamente l’espansione della Lega al sud ed insieme, in caso di crisi governo, di allontanare ogni tentazione di Salvini per soluzioni diverse dalle elezioni anticipate.

Forza Italia, infine, si augura che la grave crisi economica riporti tra le sue fila elettori moderati delusi dalle posizioni antieuropee e barricadere degli altri partiti del centro destra.

Verrebbe da dire: “È la democrazia, bellezza!”. Si, è la democrazia. La parola, a settembre, torna ai cittadini. Speriamo che per il Paese non sia tardi.

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